Sergio Quinzio DIARIO PROFETICO




« Sono rimasto quello che ero, con il mio obbediente adeguarmi alla situazione, nella consapevolezza dell'impossibilità di cambiarla nel senso decisivo che sento indispensabile, con la mia sorridente disperazione, con la mia, giustamente, sempre più stanca e confusa confusione »
(dal Diario profetico, Adelphi, p. 19)

Nel castello di Gaeta un sottotenente della Guardia di Finanza, in servizio di prima nomina, scrive lunghe lettere al fratello. Per testimoniare non una vocazione di «scrittore», che fin da allora avverte come estranea, ma l’urgenza di qualcosa che osa dichiararsi «profetico». Suo fondamento è una intensa e solitaria lettura della Bibbia, accettata nella sua interezza e nelle esigenze estreme della sua parola. Oggi, a distanza di quarant’anni, ciò che subito colpisce in questo libro è la straordinaria «continuità» con quelli che lo hanno seguito nell’opera di Quinzio. Pochi autori potrebbero dire con altrettanta convinzione, come qui accade, «sono rimasto quello che ero». Mentre la prospettiva temporale dà ancora più risalto alla voce di Quinzio. È palese, infatti, ciò che egli ha annotato nell’introduzione a questa nuova edizione del suo primo libro: «Gli avvenimenti hanno in gran parte confermato e aggravato il senso di disfacimento che allora sentivo incombere sulle nostre società. La mia lettura apocalittica della storia, misurata con il metro della fede cristiana, è rimasta sempre immutata, e la vivo con la stessa intensità ora come allora, con la stessa speranza e la stessa indignazione».

Il Diario profetico, composto fra il 1952 e il 1956, fu pubblicato per la prima volta nel 1958.


"Le sue opere, a partire da Diario profetico, del 1958, hanno via via sviluppato una sempre più radicale meditazione teologica sulla fede cristiana che ha fatto da perno sul confronto di questa con la modernità. Secondo Quinzio, che ravvisa nei tratti principali del mondo moderno una trascrizione mondana della speranza giudaica, essa si è costituita come secolarizzazione dell’escatologia biblica. Su queste premesse negli ultimi anni, in particolare nei volumi La croce e il nulla; La sconfitta di Dio; Mysterium iniquitatis (editi da Adelphi) , è poi approdato a un cristianesimo tragico, incentrato sulla “sconfitta di Dio”, sulla constatazione disperata che la promessa messianica è stata delusa e che la stessa esistenza di Dio è minacciata dall’impotenza e dal rischio"(Sergio Quinzio e la crisi della modernità.  di Brigitte Schwarz)



"Il suo cattolicesimo è quindi nel solco di coloro che non posseggono la gioia di questo mondo, la cui sofferenza grida verso la cupola del Paradiso. Una fede che è percorso personale. Sono difatti le esperienze di morte (prima durante la guerra, raccogliendo cadaveri per conto dei tedeschi, poi la malattia della moglie, che continua a straziarlo senza tregua) a forgiare il suo pensiero così originale, trasformando l’uomo in una specie di profeta.....l’attesa mai appagata e tanto promessa da Dio al suo popolo. L’escatologico atto della fine di ogni pena, di ogni orrore, con la beatitudine e la resurrezione dei morti. Il suo essere, ancora e nonostante tutto, segno del permanere nel tempo, del suo irrinunciabile senso escatologico e della sua ineliminabile destinazione messianica."






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